Morire in campo per un arresto cardiaco dovuto a un’aritmia: i casi di sportivi, anche giovanissimi, la cui vita è terminata così, improvvisamente e prima del tempo, non sono pochi. Il giovane calciatore Dimitri Rovere e la nuotatrice Maria Sofia Paparo, entrambi di 27 anni, sono solo gli ultimi casi noti. “Ma i morti per arresto cardiaco in Italia e nel mondo sono moltissimi: si stima che nel nostro Paese siano 60mila l’anno, la metà dei quali sotto i 35 anni. Molte di queste morti si sarebbero potute evitare se ci fosse stato un defibrillatore disponibile nelle vicinanze che consentisse di eseguire una defibrillazione immediata”, dice chiaramente a Gazzetta Active il professor Carlo Pappone, cardiologo, aritmologo ed elettrofisiologo, responsabile dell’Unità di Aritmologia clinica e del Laboratorio di elettrofisiologia all’IRCCS Policlinico San Donato di Milano, professore ordinario di cardiologia all’Università Vita-Salute San Raffaele.

L’aritmia è un disturbo del ritmo cardiaco. Può manifestarsi come un’accelerazione del battito cardiaco (palpitazione), come un rallentamento del battito cardiaco (senso di svenimento), con perdita di coscienza, con un arresto cardiaco. Le aritmie possono essere ereditarie, congenite oppure acquisite. “Le aritmie ereditarie più frequenti sono quelle che provengono dalla sindrome del QT lungo, dalla sindrome di Brugada, dalla displasia aritmogena, dalla miocardiopatia ipertrofica o dilatativa. Tali condizioni patologiche possono innescare la fibrillazione ventricolare e quindi un arresto cardiaco (morte improvvisa) – spiega il professor Pappone. Tali aritmie ereditarie rappresentano per gli atleti un rischio elevatissimo di avere un arresto cardiaco durante l’attività sportiva. Ciò accade perché nell’eseguire la pratica sportiva l’atleta è concentrato a sviluppare il massimo risultato fisico dal suo corpo utilizzando il massimo delle energie di cui dispone e attivando tutti i meccanismi che rendono l’efficienza fisica e mentale ottimale. Questo comporta la perdita di elettroliti a causa della sudorazione innescata dalla termoregolazione corporea. Il cuore e i polmoni sono stimolati a funzionare molto di più che in condizioni di riposo, consumando molto più ossigeno del normale. Inoltre, vi sono le catecolamine, normalmente presenti in quantità equa, che aumentano in maniera significativa durante l’attività fisica. Le catecolamine sono ormoni che esercitano una stimolazione importante del muscolo cardiaco e quindi esercitano un ruolo importante nell’innesco di arresto cardiaco“.

Nel caso degli sportivi in particolare (ma non solo per loro) è bene dunque agire preventivamente con una visita approfondita: “Oggi i nostri atleti sono sottoposti a protocolli molto scrupolosi, con elettrocardiogramma, ecocardiogramma e, quando necessario, risonanza magnetica. Ma per conferire l’idoneità sportiva sarebbe necessario un pool di esperti, non un solo medico dello sport – sottolinea Pappone -. Il problema, infatti, è dato dalla complessità delle patologie cardiache, che talvolta possono sfuggire ad un professionista ma non ad un pool di esperti. Spesso il medico sportivo si trova a dover eseguire uno screening per patologie estremamente complesse che richiedono le competenze non solo del medico sportivo ma anche del cardiologo, del genetista, del radiologo e dell’aritmologo. Non va, inoltre, tralasciato il ruolo essenziale della storia clinica dell’atleta ed in particolare l’eventuale esperienza di morte improvvisa, di parenti o antenati”. Per questo il professor Pappone sottolinea l’importanza di un approfondito colloquio con il paziente: “L’atleta deve essere interrogato molto bene dai medici a livello di anamesi familiare. Se si hanno casi di morte improvvisa per arresto cardiaco in famiglia bisogna attuare una serie di indagini ed un approfondito esame del muscolo cardiaco e delle valvole attraverso la risonanza magnetica. Consiglio anche l’esame genetico, per individuare una eventuale anomalia nel Dna e capire, quale problema il paziente potrebbe già avere o che potrebbe sviluppare nel futuro. E questo andrebbe fatto ogni volta che viene concessa l’idoneità sportiva, nel caso in cui vi fosse un rischio concreto di una malattia cardio-genetica”.
Come ci spiega anche il dott Carlo Pappone, l'unico dispositivo in grado di salvare una vita colpita da arresto cardiaco è il DEFIBRILLATORE: Ecco i migliori presenti oggi sul mercato
I Dispositivi che ti proponiamo sono i più innovativi, completi e facili da utilizzare.
Defibrillatore Semiautomatico
Stryker HeartSine® - Samaritan PAD 350P
Il defibrillatore semiautomatico Stryker® samaritan® PAD 350P è il modello base della tecnologia PAD: clinicamente avanzato ma facile da trasportare ed usare, esso è progettato in modo che chiunque, dal soccorritore formato al professionista dell’emergenza, possa salvare una vita, in qualsiasi luogo e condizione.
Defibrillatore Automatico
Stryker HeartSine® - Samaritan PAD 360P
A differenza dei defibrillatori semiautomatici esterni, infatti, una volta riconosciuto lo stato di arresto cardiaco del soggetto, procede in autonomia all’erogazione dello shock al cuore del paziente, preceduto da alerts sonori e visivi. Necessita solamente di essere collegato al paziente e di essere acceso.